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184 | Una giovinezza del secolo XIX |
essermi sfuggita, se è vero quel che affermano i saggi sulla difficoltà di conoscere se stessi. Mi felicito intanto di aver scelto per queste memorie il sistema di una semplice e veritiera esposizione dei fatti, per tal modo il lettore perspicace potrà fare da giudice nel caso che io mi dipinga troppo in bello, chiamando complici gli altri della mia manchevolezza, quando forse la causa va ricercata solamente in me. Comunque noto che ero di una straordinaria distrazione la quale, congiunta a una smania di verità assolutamente puerile, mi faceva apparire a volte leggerina, a volte impertinente, a volte, e più spesso, sciocca. È certo che una condizione indispensabile al vivere sociale è quella piccola, ma importante, qualità che si chiama tatto; io ne avevo quanto un negro della Zululandia.
Peccato che mio padre, dal quale vivevo troppo separata, non fosse testimonio dei miei sfarfalloni che li avrebbe, così fine com’era, immediatamente repressi, come una volta fece con un semplice corruscar delle ciglia. E un’altra bella, quantunque indiretta, lezione di tatto, mi diede a proposito di un vecchio signore suo cliente che veniva per affari in casa nostra. Non avendomi veduta da molto tempo mi disse un giorno che