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Una giovinezza del secolo XIX |
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dossai poi un abito di mussolina bianco e celeste, accollato come il soggiolo di una monaca, che era stato della mia mamma e che lasciai tale e quale benchè non avessimo la stessa corporatura; ma a me, poichè era stato della mia mamma, sembrava una meraviglia. Per la stessa ragione mi piantai in testa una camelia bianca che aveva servito alla mamma nel ritratto che le fece Moriggia e che riposava da anni in una scatola di cartone fiancheggiata di carta velina. Infine pescai alla stessa fonte un paio di guanti nuovissimi, mai messi, che portavano a farlo apposta il mio numero e che erano di un bel color giallo zampa d’oca. La zia Margherita mi ammirò e strinse un po’ più le mie trecce, così, diceva, non c’era pericolo che si sciogliessero danzando. Volevo farmi vedere da papà, ma la solita vergogna mi trattenne e mi ravvolsi subito nel mantello. Appena entrata nell’appartamento di quella famiglia, che non conoscevamo, ci passò davanti, attraverso gli usci aperti, in uno sfolgorio di lumi, una eterea apparizione vestita di bianco colle bionde anella incipriate sparse sull’omero nudo. — Oh! oh! — fece mio padre al quale avevano assicurato che si trattava di quattro salti alla buona. Io non dissi nulla, ma inoltrandomi nelle sale osservai che nes.