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178 Una giovinezza del secolo XIX


neanche lontanamente le aspirazioni che giacevano soffocate in me, che non conoscevo io stessa.

Uscita dalla scuola poco meno che ignorante, la volontà di studiare non mi venne neppure dopo. Tanto il pensiero mi attirava colle sue divine libertà, altrettanto detestavo la meccanica dell’insegnamento freddo, pedante, ammalato di miopia cronica, vecchio corpo disfatto che deve la sua resistenza all’appoggio che gli danno tutte le mediocrità. Leggevo con passione, ma pur che fossero libri divertenti e romanzi e poesie d’amore. Mio padre si allarmava qualche volta di questa mia passione, esortandomi a scegliere bene e di abbandonare i romanzi, ma non ebbe il gesto assoluto di indicarmi lui i libri che dovevo leggere, forse in omaggio al suo grande rispetto della libertà individuale od anche perchè sapeva che il miglior mezzo per ottenere buoni risultati da figliuoli moralmente sani è quello di mostrare fiducia in essi. Libri cattivi in verità non ne leggevo, ma inutili quasi tutti e nocivi in rapporto a quelli che dovevo poi scrivere io stessa perchè, presi a casaccio, mi traviarono nella lingua, nello stile, in tutto ciò che dovrebbe formare il buon scrittore. Ma di ciò allora non mi curavo affatto, paga di