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Una giovinezza del secolo XIX 177


chine e uomini e donne tra un assordante rumore di manubri e di pulegge, presa da una repulsione istintiva come se avessi visto un mostro, mi aggrappai disperatamente ad una ringhiera che dava verso il verde dei prati, scongiurando che mi lasciassero a quel posto. Ero allora poco più che adolescente, ma la mia particolare sensibilità, anticipando l’intuizione, mi dava nel quadro che avevo dinanzi agli occhi la sensazione materiale dell’idea per la quale dovevo più tardi combattere non poche battaglie. Null’altro che una sensazione, ma, come sempre, una sensazione che mi appartava dagli altri; che non andò tuttavia perduta se a tanti anni di distanza la ritrovo intatta alla base delle mie idee sulla santità della tradizione famigliare violentemente minata dal crescere delle officine, progresso forse necessario ma pauroso, che strappa la donna dalla casa e distrugge brutalmente le care intimità del focolare.

La disgressione mi è riuscita più lunga che non volessi e sopratutto che il lettore desiderasse; ma è pur necessario che tenti di spiegare, e non sono sicura di riuscirvi, il lavoro caotico della mia mente, non secondato e non guidato da chi mi stava intorno; nessuno dei quali poteva immaginare


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