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176 Una giovinezza del secolo XIX


amavo quel libro come un amico, e tanto più lo amavo in quanto non avevo materialmente nè amici nè amiche; ovvero qualche amica potevo contarla, ma tutte fuori di Milano, e anche le poche volte che ci riusciva di stare insieme, i nostri cuori erano vicini, i nostri pensieri no. Esse pensavano come tutti, ma io non so come chiamare quel tarlo che lavorava nel mio cervello assorbendo ogni mia attività, rendendomi sempre più incapace di contatto cogli altri, fuggendo ciò che gli altri ricercavano.

Chi non ama le passeggiate campestri in lieta compagnia? Io non le potevo soffrire; sia per la passeggiata che mi riusciva di fatica, sia per la compagnia, allo spirito della quale non sapevo unire il mio. Vagheggiavo allora di trovarmi con una persona di mia fantasia, triste e selvaggia come me, al pari di me sola e andarcene insieme sul sentiero più appartato e dirci tutto quello che non avevamo mai detto a nessuno, e ridere e piangere e cogliere fiori e ringraziare Dio di essere nati.... ma quella persona non l’ho trovata mai. Mi condussero invece un giorno a visitare un’officina di non so che cosa, e non lo so perchè appena posto piede sulla soglia di un camerone dove stavano allineate mac-