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164 Una giovinezza del secolo XIX

del brulichio umano, tutto quel mondo di passioni che si agitava intorno a me, così vicino, così lontano!...


Tra me e i miei fratelli non vi fu mai il menomo screzio. Ma essi vivevano la loro libera esistenza di maschi; non erano obbligati come me a stare giorno e notte sotto la sorveglianza delle zie. Avevano in comune gli studi, i giuochi, le tendenze. Appena usciti dall’adolescenza si trasferivano all’università; quando venivano a casa erano accolti in festa. Nostro padre si occupava di loro con grandissima cura e sempre con quel suo sistema di pedagogia elevata, che mirava a sviluppare i più nobili sentimenti, innalzando la dignità della coscienza a mezzo della fiducia, anzichè deprimerla con sospetti ingiuriosi o ferirla con grossolani castighi. Ed anche verso di loro covava quell’ansia inquieta, quella preoccupazione dell’avvenire che tanta ombra spargeva sul malinconico tramonto della sua vita. Presentiva forse di doverci lasciare prima che si compisse il giro dei nostri destini. Per questo i suoi sguardi erano sempre carichi della tristezza del suo cuore; e non ebbe, povero padre, la soddisfazione così meritata, di vedere in qual modo i miei fratelli