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Una giovinezza del secolo XIX 145

a Roma e vi lessi: "L’oste vedendo i neri nostri barbigi e i nostri cappellacci ci prese per briganti". Sul foglietto la frase spezzata non aveva seguito e invano lo cercai altrove. La perdita di quel diario, scritto da lui nella antica Roma papale, la narrazione di quella gita fatta coi compagni nella vasta e maestosa campagna del Lazio dove era ancora possibile incontrare dei briganti, forse la relazione di un idillio in alte sfere, romanticamente troncato dal potere di un cardinale zio, (che questo ci fosse stato sapevo dalla solita archivista della famiglia) furono in tutti questi anni ed oggi più che mai oggetto per me di grande rammarico. È così dolce ritessere su documenti autentici la vita di coloro che abbiamo amato! Non è quasi un vivere ancora insieme? E vivrei colla mia anima d’oggi tanto vicino alla sua che non lo fosse nei giorni della ignara giovinezza.

Eravamo due tristezze vicine, ma egli era la tristezza del tramonto, io quella dell’alba e tuttochè vicini i nostri dolori ci dividevano. Ho pensato tante volte, quando mi guardava in silenzio, ed alla mestizia della sua pupilla saliva un’ansia inquieta, che egli pure sentisse vagamente il malessere della mia posizione di fronte alle zie; ma poichè nessun fatto positivo lo confermava ed egli aveva