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144 Una giovinezza del secolo XIX


gini del passato. Quando veniva ad appoggiare la persona stanca sul divanuccio della nostra sala da pranzo, sembrava che una nuvola lo sottraesse alla indiscrezione degli altrui sguardi. Che cosa pensava allora? Che cosa vedeva nella folla dei ricordi? È abitudine dei giovani il non occuparsi della gioventù dei propri genitori; così come li vediamo ci pare che siano sempre stati. Brevi frasi, vaghe allusioni, mi guidarono più tardi a comprendere quanto deve essere stata interessante la gioventù di mio padre. Egli non ne fece mai il minimo accenno, non parlava mai di sè; ma là, su quel piccolo divano, nella penombra della stanza poco illuminata, somigliava alla statua del dolore china sull’urna delle illusioni perdute. Troppo tardi io andai cercando nella vecchia Roma le traccie del giovane studente, soffermandomi con intensa commozione nei luoghi dove immaginavo egli avesse maggiormente fermato l’attimo fuggitivo della felicità. E una volta, prima che si vendesse la casa di Casalmaggiore, da certe vecchie carte discese dal solaio dove regnava la signora Tintimillia, sfuggì un piccolo brano sul quale riconobbi subito la calligrafia minuta e regolare di mio padre; era evidentemente l’ultimo foglio rimasto di un diario che egli teneva quando studiava disegno