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128 Una giovinezza del secolo XIX


è questa. Ella era nata per l’amore; non l’amore fantastico, nè l’amore passionale, i quali esigono doti di intelligenza che mancavano a lei, ma l’amore semplice, l’amore per l’amore. Ho pensato qualche volta come la sua indole passiva e silenziosa si sarebbe accomodata alle abitudini della donna orientale, alle lunghe soste su un morbido divano, seguendo con gli occhi le spire dei profumi accesi nei braceri d’argento, immobile, senza alcun pensiero tranne quello dell’arrivo del suo signore. È però quasi certo che la zia Nina non spinse mai la sua immaginazione così lontano e i suoi sogni d’avvenire non oltrepassarono il benessere materiale di una comoda casa e di un buon marito. Tale modesta felicità non le fu concessa; la sognò sempre, la sognò fino ai limiti della vecchiaia e il sogno aveva un nome. Si era innamorata di un giovane senza professione e senza beni di fortuna il quale, lasciandole credere che l’avrebbe sposata quando gli si fosse aperta una carriera, aveva calcolato bene su quel suo temperamento remissivo, molle, che non parlava, che non faceva strepito. Ma la vana attesa di tutta la vita, lavorando inconsapevole dentro di lei, accumulava acredine, invidia, spasimo di sensi insoddisfatti, di amor proprio ferito