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Una giovinezza del secolo XIX 127


cezionale circostanza non uscì da quella sua attitudine apparentemente passiva che non la metteva mai sul primo piano dell’azione, che è in fondo l’istintiva prudenza dei deboli; anche la zia Margherita, forse per non far pesare su altri il sacrificio, tentava di mostrarsi rassegnata, ma io la udii nel colmo della notte la sua voce piena di schianto urlare colla bocca sotto le coltri: "Non ho più nulla! Non ho più nulla!.." Cara ed eroica donna, che cosa erano le sue asprezze, le sue collere, i suoi lampi d’ira, se non l’ombra della gran luce del suo cuore?

Più piccolo cuore, senza dubbio, era al confronto quello della zia Nina, ma se io, sua vittima appena adolescente, avessi dovuto giudicarla solo dal male che mi fece mi sarei grossolanamente ingannata. Io non la giudicai allora, soffersi in stupore e in silenzio una avversione che non comprendevo. Ora che la scienza della vita mi ha insegnato a leggere nei cuori, compiango ancora la fanciulla che, per una fatale deviazione del sentimento, nella persona che doveva proteggerla ebbe conturbati gli anni primi e sacri della giovinezza, ma compiango anche colei che il mancato destino aveva trasformata da creatura d’amore in creatura d’odio. La verità che io imparai