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prefazione ix

e di affetti nei libri di Neera! A lei bastava aprire le chiuse dell’anima perchè ne prorompesse un’onda copiosa e calda, che non s’inaridiva mai, non mai aveva bisogno di essere artificialmente eccitata, e, meno che mai, simulata con espedienti e industrie letterarie. Sentiva e meditava come respirava, e scriveva allo stesso modo, senza sforzo. Quando considero le lambiccature che nel mondo letterario passano per cose squisite; le lussurie di sensazioni e d’immagini che si credono prove di ricchezza e sono invece d’interiore povertà, di povertà sostanziale; le lodate raffinatezze e smancerie di ultrasensibilità, che sono rozzezze da gente molto pettinata e profumata, ma priva di gentile costume e ignara di meno superficiali eleganze; l’ironia di cattiva lega e la falsa superiorità con le quali si tenta di fingere l’umanità che manca, l’umanità che è l’unica superiorità dell’uomo; non so frenare un moto di sdegno nel veder tenuto in poco conto, e spregiate come "borghesi", la solidità della mente, la dirittura del giudizio, l’accorata e grave osservazione sociale, il rispetto alle eterne leggi del reale, la semplicità del vivere e del godere e del soffrire, la casta nudità della parola. E mi piace di chiedere e di ottenere la parte mia in quel dispregio che onora, e di sentirmi "borghese" nella buona compagnia di molti e grandi scrittori borghesi, e in quella della mia vecchia e venerata amica Neera.

Nella quale due tratti erano, che voglio notare fra gli altri, perchè sono di quelli che più mi hanno legato a lei. Primo l’amore per la vita, e non già pei diletti e le voluttà che essa talora largisce, ma per