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Una giovinezza del secolo XIX |
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soffrire, ci lascerebbero indifferenti a poterle comprendere in tempo. Intanto, quasi a conforto della dolorosa scoperta fatta, mi riusciva a poco a poco di valutare meglio le intenzioni della zia Margherita, la quale mi voleva bene alla sua maniera e più me ne avrebbe voluto senza le continue istigazioni della sorella e i foschi colori sotto cui ella mi dipingeva, falsando ogni mia azione, facendomi segno alle calunnie le più assurde, le più lontane dal mio modo di pensare e di sentire. Il sistema adottato dalla zia Nina nella sua campagna contro di me era questo: in mia presenza musoneria e mutismo agghiacciante; dietro le spalle lagnanze, accuse, sfoghi di insopportabilità come di un gran peso che la opprimesse. Nè deve sembrare troppo singolare la fede prestata da una sorella alle parole dell’altra; trovo anzi naturalissimo che quella vivace e impetuosa donna che era la zia Margherita, usa da più di mezzo secolo a vivere lo stesso pensiero della zia Nina, ad amare e a disprezzare insieme, sempre unite, sempre concordi, dovesse scattare sotto il racconto delle pretese sofferenze da me inflitte alla sua anima gemella e torna a lode di una innata rettitudine il contrasto, che ella doveva provare, posta così ad arbitra di un conflitto del quale le