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92 Una giovinezza del secolo XIX

erano neri anch’essi, ma opachi e immobili sotto il battito regolare delle palpebre, quel battito che era tutto suo. Lavorava a cose leggere e brevi, attendendo piuttosto a sorvegliare la domestica in cucina e trovava modo di uscire tutti i giorni per incombenze o spese inerenti alla famiglia. Quando non c’era lei intorno al tavolino io mi sentivo sollevata da un gran peso; anche la zia Margherita doveva provare qualche cosa di simile, perchè la conversazione da languida che era in presenza della zia Nina si animava con un sembiante di intimità. Tendevo allora avidamente l’orecchio a ciò che ella mi andava narrando di storie vecchie, di aneddoti famigliari. Ella era una specie di archivio conservatore di memorie e di tradizioni; tutto ciò che ebbi a conoscere sulla nostra famiglia mi venne da lei. Dotata di parola facile, colorita, franca, intercalava al suo dire motti e citazioni di una origine così oscura, che non sapeva lei stessa d’onde le fossero venuti. Quando, per esempio, volendo avvalorare una dimostrazione qualunque, noi avremmo detto: "in nome di Dio!" lei esclamava: "dalla parte di quel buon Giocondo!" e sfido a indovinare a che alludesse. Se avessi potuto presentire in quei giorni le pagine che scrivo oggi, di quante note potrebbero arricchirsi i miei ricordi!