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Non si vedeva nessuno a comparire, ma seguendo le traccie di un sentiero che assomigliava pochissimo, tra parentesi, ai sentieri dei parchi inglesi, giunse sulla soglia di un vestibolo lungo, basso, umido, che metteva ad un salottino oscuro e silenzioso, tutto coperto sulle pareti di gran fogli tolti al Cosmorama pittorico, e che servivano nello stesso tempo di tappezzeria e di quadri.

— Chi va là? — fece una voce di tenore in quiescenza, mentre il corpo magro e rugoso di un vecchio sulla sessantina si moveva in un angolo.

— Sono io, tutore, noti mi conoscete?

U tutore fece le meraviglie — disse che non sospettava cesi bella visita — chiese del marito, di Prospero, di tutti.

Quando Giulia, vergognosa, lo ebbe messo a parte delle sue disgrazie, egli usci in una esclamazione intraducibile, si rinchiuse un poco, abbassò il tono della voce, prese un’aria di riserbo, e si pose a guardare con interesse la manica del suo soprabito che incominciava a scucirsi.

— Ah! se lo avessi saputo prima.... — mormorava Giulia-col fazzoletto sugli occhi. — Non lo dico a nessuno, no, ma con vói non posso fingere, non posso mentire. Ho il cuore che mi scoppia; da un anno divoro le mie lagrime sperando sempre che egli avesse