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lida, radicata diremo così, senza la quale un popolo non può mai essere tranquillo. Aggirandosi troppo nelle alte sfere, i nostri diplomatici hanno trascurato la politica popolare, non tennero conto delle piccole forze e dei piccoli interessi, degli odii minuti, degli attriti invisibili; si attennero soverchiamente alla massima: de minimus non curat...
Trasportato con tanta grazia da un argomento all’altro, il signor Prospero fece come gli inesperti che si tuffano nell’acqua — bevette — e sorbì innocentemente questa tirata, che Olimpio aveva recitato con tutte le regole dell’arte oratoria e con una fisonomia grave, preoccupata.
— Dunque tu vuoi diventare un uomo politico?
— Ti prego, zio, conservami il segreto. Sono affari delicati.
Il signor Prospero fece un cenno rassicurante.
— Ho stabilito buone relazioni col gabinetto segreto dell’ambasciata francese, col Ministero della guerra... e...
— Della guerra? — interruppe il signor Prospero abbassando la voce — forse che...
— Ma! non posso dir nulla, rispose Olimpio con aria misteriosa.
— Oh... dico, siamo o non siamo parenti? con me puoi essere sincero, chè da parte mia sono muto come un sordo nato.