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— Naturale; non potevi incontrarmi a Baden, e nemmeno a Parigi.

— E perchè no? perchè no, caro zio! esclamò Olimpio avvicinando due sedie a un tavolino.

— Perchè... perchè non sono un discolo io!

Completando questa frase, il signor Prospero alzò gli occhi sul nipote per vedere che effetto faceva; ma non vide nulla. Olimpio replicò pacatamente:

— Eppure m’hai preso, dacchè non ti vedo, un’aria giovanile e baldanzosa che lascia campo alle più ardite supposizioni. Eri grigio una volta — poffarbacco, se eri grigio! — mi ricordo perfettamente — e adesso, Dio mi danni se si scorge il benchè menomo capello bianco.

Il signor Prospero accarezzò le sue orecchie di cane con manifesto piacere. Olimpio tirò dritto:

— E le tue guancie... ma sono di latte e vino!

— Di vino non nego — in quanto al latte... qui a Milano non è troppo buono, e me ne astengo.

— Ringiovanisci, caro zio, parola d’onore! Avresti fatto una bella cosa a venirmi a raggiungere a Baden. C’era ottima compagnia; una baronessa Moldo-Valacca, due signorine Meklemburghesi, una Americana vedova di due conti, di un banchiere e di un impresario teatrale — e giovane ancora. Non parlo degli uomini.

— E perchè non hai condotto tua moglie?