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VIII.
Con novembre venne finalmente anche Olimpio. Egli se ne stava una mattina fra le undici e mezzogiorno sulla soglia di un caffè alla moda, solo per caso, e anche per caso annojato.
— Cosa mi dai? domandò svogliatamente al cameriere che passava.
Il cameriere snocciolò il rosario dei soliti intingoli, ma Olimpio lo ascoltava coll’aristocratica indifferenza dell’uomo che non ha fame.
— Porta un risotto coi tartufi, e che la sia finita!
Queste parole che fecero voltare Olimpio, le aveva pronunciate un vecchietto rubicondo, col mento rasato di fresco e i capelli tirati sulle tempia, secondo quella pettinatura graziosa che si chiama orecchie di cane.
— Oh! zio Prospero, è un secolo che non ci vediamo.