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VI.


Cuore, cuore, eterna sfinge, chi potrà mai conoscere i tuoi mille labirinti? Chi arriverà mai a separare la tua scintilla dal tuo fango? il Dio da cui avesti principio e il verme a cui metterai fine?

E voi, palombari audaci della verità, che la inseguite nei visceri più nascosti dell’uomo, anatomici dalle mani sanguinose, dite, questo cuore che stringete in un pugno, che squarciate colla vostra lama sapiente, questo cuore, questo misero cuore ammalato di ipertrofia, v’ha esso mai rivelato i suoi misteri?

Odio, amore, i più nobili sentimenti, le passioni più vili, il redentore e l’assassino; tutto chiudi in te o infame cuore, o cuore sublime!

E come battevi tu nel petto di Olimpio in quella notte memorabile?

E come battevi nel seno vergineo della sua casta sposa addormentata?