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L’uscio si chiuse e la fanciulla sentì una stretta al cuore.

Quei letti, quello specchio, quel divano, quel tavolo, le sembravano più che mai tristi; si guardò attorno; cambiò posto ai lumi; ascoltò un momento. Aveva paura.

Le finestre erano aperte; vi si accostò; la notte serena e tranquilla ripeteva i piccoli rumori della piazza S. Marco, i tocchi dell’orologio e l’arruffarsi dei gondolieri sulla riva degli Schiavoni. Le stelle scintillavano. La luna batteva in pieno sul palazzo dei dogi.

Giulia chiuse i vetri.

— Mi conviene spogliarmi in fretta — pensò — se egli ritorna!...

Depose il suo vestito sopra una sedia; sotto i suoi piccoli eleganti stivaletti, simetricamente, uno accanto all’altro.

— Oh!... e le orazioni?

Si inginocchiò, chinò il capo, vi fece puntello colle manine giunte e recitò un po’ distrattamente la sua preghiera della sera.

Finita che l’ebbe, si trovò presso all’uscio:

— Un po’ sentire se egli è sulla scala!

Nessuno.

Continuò a spogliarsi. Ripiegò accuratamente le sottane, allentò i capelli, si guardò nello specchio — per-