Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 32 — |
in stato perfetto, ma tant’è zoppicano; gli specchi poi sono infallibilmente verdi, messi sempre sotto una luce falsa, talchè danno ragione al poeta che scrisse: in uno specchio d’albergo una donna non è mai bella.
E poi c’è quell’aria cosmopolita che vi lascia il continuo succedersi degli abitatori — mille traccie indistinte — mille segni impercettibili — mille odori senza nome.
Ammettiamo che il cameriere cambia le lenzuola; ma chi ha dormito in quel letto?
Di chi è quel brano di lettera che troviamo in un cassettone?
Quanti piedi, quali piedi, che varietà straordinaria di piedi hanno lasciato la loro impronta sul tappeto?
Chi fece cadere quella macchia di caffè sulla cortina della finestra?
E quel divano? — oh, quel divano! — non me ne parlate — non ve ne parlerò nemmeno io.
— Vado giù un momento; disse Olimpio, intanto che Giulia slacciava il primo bottone del suo vestito.
Giulia imaginando in queste parole una delicatezza pudica vi aderì sorridendo; però lo seguì fino all’uscio susurrandogli nell’orecchio:
— Tornerai subito?
— Il tempo di bere un bicchier di vino; vi sono abituato, non potrei dormire così.