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delicate. La tranquillità non era in lei — ma Giulia non avrebbe saputo il perchè delle tante emozioni che l’agitavano — le distingueva forse? — le comprendeva? — sapeva ella discernere i fremiti del sangue e quelli del pensiero?
— No — tutto era nebbia e vapore nel suo essere morale — piccolo mondo non ancora uscito dal caos — aurora che si dibatte colle ultime tenebre.
Ella era felice, divinamente felice.
Pienamente? — No.
Il suo tenero cuore tremava come un uccelletto spaventato che s’aquatta e presentisce la procella.
Ella era felice, ma aveva paura della sua felicità.
— Un uomo, jeri sera, s’è gettato dal Duomo; disse Olimpio nel ricevere il caffè dalle mani del tutore.
— Poveretto! fece Giulia.
— Si sa il motivo? domandò il tutore.
— Si suppone amore — aveva ventotto anni.
— Amore! mormorò la fanciulla — e la poesia di una passione incompresa ombreggiava già di tristezza il suo volto.
— O debiti: soggiunge Olimpio. Sorrise, accese un sigaro, e disse ch’era tempo di partire.
Giulia volò nella sua cameretta — per l’ultima volta — ma non vi pensò in quel momento.
La cameriera le mise in testa un cappellino con una