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Olimpio fece una grande impressione sulla sua futura sposa.
Qual meraviglia!
Egli era bellissimo, di una bellezza che uomini e donne si voltavano a guardarlo. Una statua antica per le proporzioni del corpo alto, snello e muscoloso. Il volto pallido, leggermente abbrunato — ma questo bruno era di una tinta incerta, variante, sfumata tanto quanto bastava per correggere la delicatezza dei lineamenti, la bocca divinamente gentile e le guancie morbide ombreggiate da due piccoli baffi biondi.
Sì, egli era biondo — biondo come il don Paez di Musset — e aveva gli occhi profondi, audaci, color del mare.
Nello sguardo d’Olimpio, nei guizzi fuggevoli del suo raro sorriso, nella sua voce carezzevole e blanda c’era quel non so che, quella leva misteriosa e arcana che fa balzare un cuore di donna.
La sua mano nervosa e bianca comunicava l’elettrico ben più che la pila di Volta. Sul dito mignolo di quella mano tutti i suoi amici e tutte le sue amiche avevano sempre visto un meraviglioso brillante dalle cui faccette pure partivano correnti elettriche.... specialmente per le signore.
Nessuno sapeva annodare la cravatta come lui, montare a cavallo, nuotare, tirar di pistola e di carabina,