Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 155 — |
vaste e nude, malissimo difese contro il vento e contro la pioggia avevano un aspetto di prigione; gli alti soffitti a volta rendevano quasi inutile il fuoco che ardeva al caminetto e la povera reclusa tremava di freddo e d’affanno nelle lunghe sere di gennajo.
Cantò forse per lei il poeta:
O mia povera bella e tu nascevi |
Sì, ella era nata ricca, e la sua adolescenza trascorsa negli agi le aveva creato un bisogno del lusso — ora tutto le mancava.
Quanta virtù doveva albergare quel tenero cuore di diciasette anni per soffrire con pazienza, per tacere con rassegnazione, per chinarsi con dignità!
E non una persona cara che la compiangesse — non un petto amico in cui versare le sue lagrime — non una mano tesa a soccorrerla — non un conforto — non una speranza!
L’avvenire era bujo davanti a lei.
Un giorno, fatto insolito, fu bussato alla porta della vecchia casa e la serva introdusse un signore metà cittadino metà campagnuolo, con una faccia enigmatica e un contegno misterioso, che senza dir nulla consegnò a Giulia una gran lettera timbrata e si allontanò. Giu-