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vaste e nude, malissimo difese contro il vento e contro la pioggia avevano un aspetto di prigione; gli alti soffitti a volta rendevano quasi inutile il fuoco che ardeva al caminetto e la povera reclusa tremava di freddo e d’affanno nelle lunghe sere di gennajo.

Cantò forse per lei il poeta:

O mia povera bella e tu nascevi
Tra i felici del mondo! Oh va, ti fida
Nelle impromesse d’una culla d’oro!

Sì, ella era nata ricca, e la sua adolescenza trascorsa negli agi le aveva creato un bisogno del lusso — ora tutto le mancava.

Quanta virtù doveva albergare quel tenero cuore di diciasette anni per soffrire con pazienza, per tacere con rassegnazione, per chinarsi con dignità!

E non una persona cara che la compiangesse — non un petto amico in cui versare le sue lagrime — non una mano tesa a soccorrerla — non un conforto — non una speranza!

L’avvenire era bujo davanti a lei.

Un giorno, fatto insolito, fu bussato alla porta della vecchia casa e la serva introdusse un signore metà cittadino metà campagnuolo, con una faccia enigmatica e un contegno misterioso, che senza dir nulla consegnò a Giulia una gran lettera timbrata e si allontanò. Giu-