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— Così si dee restar colpiti quando si entra in cielo!

— Badate, mi chiamo Rèa!... disse ridendo la bellissima donna e scherzosa si volse a cinguettare co’ suoi spasimanti — fra i quali nessuno, di sicuro, spasimava come Roberto.

Da quel punto incominciò per lui un’esistenza tumultuosa di desiderii, di speranze, di folli ebbrezze, di disinganni cocenti, di rimorsi, di lagrime, di disperati propositi, di debolezze codarde — lotta sempre rinascente, lotta disuguale dove il suo orgoglio soccombeva, dove l’anima lanciata in voli eterei ripiombava avvilita a mordere la polvere.

L’amore, negli esseri troppo appassionati si muta frequentemente in idolatria servile — egli avrebbe voluto essere un cane per giacerle eternamente ai piedi.

Ella lo disprezzava un poco, ma si divertiva.

Povero, dovette inventare nuovi sacrificii per darsi il lusso di frequentare l’alta società dove viveva il suo idolo.

Oscuro, ingojava tacitamente l’umiliazione dell’ultimo posto.

Costretto a lavorare per vivere, si nutriva di solo pane per dedicare i giorni a lei.

Faceva freddo; egli non aveva nè maglie nè corpetti, ma comperò un frac nuovo per poterla seguire nei teatri e alle feste.