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L’oste trottò chetamente in cantina.

Intanto, dietro le fessure dell’uscio che metteva in corte, una testa curiosa di fanciulla spingeva nella camera due pupille indagatrici; dietro a lei, un’altra fanciulla, tirandola per la gonna, mormorava:

— Lo hai veduto?

— Aspetta un po’.

— Fa presto!

— Il suo tempo ci vuole. To’, mi piace; è un bel giovane. Ed io aveva l’opinione che i signori di città fossero tutti gialli come cetrioli!... in fede mia costui è bello, molto più bello del tuo spasimante Rocco...

— Taci, dunque, finiscila! — esclamò con accento leggermente stizzoso l’altra fanciulla, che era — ve lo dico senza preamboli — la figlia dell’oste.

— Sei stata tu a chiamarmi per farmi vedere il forestiero, e adesso non vuoi che lo guardi! Non vo’ mica mangiarlo, veh!

— Che bei baffi biondi! — disse l’altra, tentando a sua volta di spingere lo sguardo tra le fessure dell’uscio.

— E che occhi!

— Mi fanno un effetto...

— Osserva che cappello singolare.

— Vedi che mano piccola...

— Oh! la mano poi, non conta niente.