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gretta realtà non aveva ancora vestito di forme corporee.

Nato al bello, cresciuto fra gli studii dell’arte greca, ingentilito dall’educazione e dai miti sensi, la solita bellezza dozzinale non lo commoveva.

Altra cosa da notarsi.

L’avvenenza nuda ed impassibile, che egli era abituato a contemplare nel suo studio, non poteva bastargli.

A quel cuore abbisognava un cuore.

Roberto lo aveva cercato lungamente con pazienza da geologo o da botanico che fruga un fascio di erbe per trovarvi un seme prezioso — ma egli non aveva trovato nulla.

Puritano e casto, sdegnava cogliere le facili ebbrezze di fuggitivi amori. Martire di un’idea, si ravvolgeva nella sua fierezza, come un eroe antico, ed aspettava.

Inutile dire che questo suo eroismo era perpetuo tema alle canzonature d’Olimpio.

Giulia, invece, lo compativa e lo compiangeva come una buona e tenera sorella.

Il romanzo di tutte queste esistenze procedeva così lento e tranquillo. L’autunno, incoronato di pampini, già si mostrava a tergo del biondo estate — ma che modo di scrivere è cotesto? — diciamo alla spiccia