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Sulle rive della Sonna. 63


La mania di copiare Editta per rapirle il segreto delle sue grazie la conduceva spesso nel modesto appartamento del poeta e se da questa frequenza non nacque un vero affetto simpatico tra le due famiglie, si stabilì però insensibilmente un legame d’abitudine, una mutua stima, qualche cosa insomma che ne faceva un po’ le veci.

Durante la malattia di Vergy, il signor Bruno dimostrò l’interesse più affettuoso, e dopo, quando Editta rimase orfana, egli che contava rimpatriare, le fece la proposta di venire a stabilirsi con lui, compagna e istitutrice della propria figlia.

Ma Editta allora accarezzava altre speranze; non conoscendo i suoi parenti di Milano, le parve quella più gradevole vita, persuasa che l’avrebbero accolta bene e amata e fatte le veci dei genitori che non aveva più.

Caduta l’illusione, trovatasi più sola, più povera di prima, Editta pensò che, poichè il suo destino la condannava a mangiare il duro pane degli altri, meglio era guadagnarselo e acquistare colle proprie fatiche il diritto di essere indipendente.

Presa questa risoluzione repentina, violenta, com’era violento il suo carattere, e spronandola