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60 | Parte seconda. |
La vegetazione è copiosa, intricata, variatissima; in un solo palmo di terra si trova un cespuglietto di more selvatiche, una pianticella di malva, un ciuffo d’erba, un gambo di trifoglio e uno d’acetosella, e poi altre fogliuzze ancora e piantine alte come la falange di un dito, verdi scure, verdi pallide, bianchicce, rosa, lucide, opache, pelose, trasparenti, frastagliate, rotonde, aguzze; e a guardarci bene se ne scoprono sempre di nuove, con mille forme stravaganti e gentili, senza nome, senza scopo, senza nessun’altra missione, oltre quella d’essere belle e di ridere un giorno al sole profumando la valle.
Al di sopra di questo piccolo mondo, che vive fra i sassi, si innalza il gran mondo dei castani, dei pioppi, degli abeti e la numerosa famiglia delle querce. Piantate in tutti i sensi, esse sporgono capricciose sulla china, vestite d’edera, colle radici inumidite dalla filtrazione del torrente quasi tutte contorte, rovesciate, gibbose, piegate a norma del suolo, del vento o del loro beneplacito, da sultane viziate in un harem deserto. Vengono su un po’ qui, un po’ là, sparse a gruppi, in fila, assediate tutto in giro dai pruni silvestri — timidi adoratori.
Tutto questo verde così fitto, così ombroso