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Sulle rive della Sonna 57

quei luoghi poco frequentati, dove spunta da ogni fessura di sasso un alberello e dove dai muri di granito piove l’edera attorcigliata in graziosissimi festoni.

Il sole sembra giocare a rimpiatterello dietro i cocuzzoli delle fitte colline, entro i boschi di abeti, giù per le stradicciuole che costeggiano i campi di vite e di grano turco; non è il sole sfacciato delle strade maestre: in quelle viuzze tutte ombra e mistero i raggi più infocati si temperano passando attraverso le foglie, ripercotendosi sull’erba fina e fresca.

La ruota intermittente di un povero mulino, il passo di un asinello, il canto di un fanciullo rompono tratto tratto la quiete, e l’eco che non si desta a quei brevi rumori conserva al paesaggio il suo tipo di calma, di serenità, di pace.

Un poeta vorrebbe andarvi per cantare e un filosofo per vivervi.

Oltre l’Adda c’è un paese il cui nome pare una dedica alle capre forse abitatrici una volta di quei dirupi. Ora di capre non se ne vedono più, ma il nome resta e il paese si distende stretto e lungo come una tela posta ad asciugare fiancheggiata da case grigie, antichissime, fra le quali risalta una mezza dozzina di palazzetti mo-