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La famiglia Spiccorlai. | 31 |
le offerse alla bella zia quali colombe messaggiere di pace.
Chi avesse guardata in quel punto la vecchia faccia da furbo di Carlo Spiccorlai l’avrebbe vista contorcersi tutta in mezzo alle grinze. Era una forma esterna che assumeva la sua malignità per mostrarsi soddisfatta.
Quel nipote scioperato che faceva la corte alla credula zia per beccarle l’impossibile entrava perfettamente nelle mire del vecchio. Egli li lasciava fare, li lasciava ridere alle sue spalle, ma dentro di sè diceva: riderà bene chi riderà l’ultimo.
Il nipote della Rosa era un giovinastro di professione commesso, ma di fatto quasi sempre ozioso.
Lo avevano soprannominato il Moretto e teneva a fare conquiste. Bassotto, bruno, losco, coi baffi corti, coi capelli unti di sego, coi denti anneriti per l’uso smoderato della pipa e posti così lontani l’uno dall’altro che sembravano i pioli di legno d’una cancellata; portava una cravatta senza colletto annodata sulla camicia di flanella, un grosso anello di zinco nel dito mignolo e l’unghia del suddetto mignolo allungata e ricurva. Parlatore facile, impudente; declamatore da bisca; triviale, chiassoso, galante fino