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La famiglia Spiccorlai. | 17 |
soglia della tetra casa, lunga, magra, allampanata, cogli occhi lagrimosi, col suo misero vestito di lutto che pareva un cencio posto ad asciugare sopra un bastone, la florida e paffuta signora Rosa l’aveva presa a bersaglio di tutta la sua malignità, di tutte le sue invidiuzze volgari, di tutto il suo orgoglio codardo.
A lei, bella e piena di salute, riuscì facilissima quella specie di superiorità fisica che impone alle creature deboli, che le schiaccia, che le umilia con un confronto di tutte le ore e di tutti i minuti.
Sì; lei poteva, rovesciando indietro le maniche con un movimento che le era famigliare, mettere in mostra le sue grosse braccia solide e bianche ridendo in viso sguaiatamente ad Amarilli, poichè sapeva che la povera zitella, se si lagnava di qualche cosa al mondo, come di una vera ingiustizia, era appunto della sua portentosa magrezza.
Era molto facile a lei, donna e padrona, dare di ogni cosa il peggiore alla malcapitata parente – il pane raffermo, la minestra acida, le lenzuola ruvide, il posto più disagiato; contraffarla, deriderla, dire che non sapeva vestirsi, nè muoversi, nè parlare; che pareva una mummia, ch’era pro-
Neera. Un Nido. | 2 |