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12 Parte prima


Abitavano una lurida stamberga sul corso Garibaldi, senza portinaio, colla scala buia; una di quelle scale che odorano di cloaca, che hanno i gradini rotti, scivolanti e le pareti stillanti salnitro – che riuniscono in una sola decrepitezza immonda le due decrepitezze del tempo e della miseria.

Che cos’era stata quella casa durante più di un secolo, è facile immaginare.

Operai ubbriachi e fanciulli piangenti di fame vi avevano fatto echeggiare le loro grida; donne macilenti erano scivolate come ombre lungo i muri verdastri, lasciando sulle pietre umide la impronta delle loro mani. La disperazione, la malattia, il rimorso – fors’anche il vizio – dovevano essere i genii famigliari di quelle cupe e strette vôlte, di quei corridoi senz’aria e senza luce, di quelle porticine basse, annerite, grumose, sulle quali quattro generazioni avevano deposto a strati e a croste il loro sudiciume e il loro sudore.

Sembrava singolare che la famiglia Spiccorlai, per quanto ristretta di mezzi, potesse adattarsi a vivere in quella tana dell’ultima plebe.

Certo la signora Rosa non vi stava per propria elezione. Ma quando ritta sul ballatoio in