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Confidenze. 155

e barolo amaro insieme ai più lamentevoli sospiri che petto di fedele sposa abbia mai sprigionati da Artemisia in poi.

Il vecchio lasciava fare. Si cullava nelle tenerezze, si voltava e si rivoltava nelle coperte fine; aveva dei capricci, delle voglie, lui che era sempre stato così sobrio! Chiedeva ora un’ala di tacchina giovane, ora una gelatina di lepre; e Renato correva e la signora Rosa pagava.

Tutti i giorni per dire il vero, speravano che morisse, ma egli li fece aspettare un bel pezzo tenendoli galvanizzati colla presenza della scacchiera che la sua mano scarna accarezzava con furba compiacenza. Incominciavano ad essere un po’ stanchi, quando il vecchio si decise a finire la commedia spegnendo i lampioni.

— Moglie mia — disse — va a chiamare il notaio; voglio fare le cose in regola.

Il notaio ero venuto, c’era stata la consegna del testamento; la signora Rosa, pensando che avrebbe potuto difficilmente nascondere la sua gioia, ebbe la prudenza di farsi venir male sul suo letto fra due guanciali di piume; Renato, cogli occhi chini, si accomiatava anticipatamente dai suoi stivali sdrusciti, ondeggiando col desiderio tra un paio di souwaroff a doppia suola inglese o