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Amore. 149

un’ispirata martire raggiante dell’umiliazione che stava per subire.

Era uno slancio troppo poetico e troppo poco ragionato quello che spingeva Editta, ma a chi perdoneremo la poesia e lo sragionamento se non vogliamo perdonarli al divo Amore?

Dall’interno della casa si udivano i mille piccoli rumori che annunciano il principio della giornata. Usci aperti, imposte sbattute, mobili rimossi, legna spezzata, e più alto e più forte l’allegro chiocciare delle galline che copriva i lunghi sbadigli del bracco legato ancora alla sua catena.

Una finestra si schiuse e dietro la modesta tenda apparve per un istante la figura del proprietario. Editta lo vide e fu sul punto di fuggire. La sua posizione le sembrò, oltre che arrischiata, ridicola. Uscì dagli oleandri e mosse alcuni passi giù per la china; avrebbe voluto essere sotterra, poichè al di sopra non poteva più vivere, poichè non sapeva amare. Sentiva il cuore pesante, pieno com’era di rimorsi e di volontà in lotta fra di loro. Si lasciò cadere sull’erba, in ginocchio; allora giunse le mani, e appoggiandovi sopra la faccia pianse.

Le foglie secche dei noccioli, stridendo die-