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Amore. 137


Ella sedeva per l’ultima volta sulla soglia prediletta, guardando minutamente tutti gli oggetti; li salutava ad uno ad uno come persone che non doveva rivedere mai più: «Tazza gentile di porcellana col filetto d’oro, tu mi eri compagna nelle lunghe notti vegliate presso l’inferma; da’ tuoi labbri splendenti bevevo la forza e l’energia. Voi tutti, umili e fidati amici delle pareti domestiche, corone della intimità di famiglia, che tanto bene parlate a chi sa intendere il linguaggio della concordia e dell’affetto, continuate a rallegrare la casa dell’uomo benefico — io ritorno dove non c’è amore, dove non c’è pace, dove ogni cosa è buia, tetra e meschina. Addio, mosche vivaci, brillanti farfalle, ah! voi non mi seguirete — e tu neppure, piccolo grillo, amico dei lieti focolari e della fiamma gioconda. Vuoi venire con me, bel garofano dalle lunghe foglie, dai fiori di porpora? — ma avvizziresti, è vero, laggiù... perchè non c’è aria, nè luce. Addio, dunque! Addio, miei giovani amici... io partirò sola.»

Ella aveva ripetuto a voce, alta: — Partirò sola — e una brusca risposta pronunciata dietro le sue spalle la fece sussultare:

— No — diceva Bruno — non partirà. Chi