Pagina:Neera - Un nido, Milano, Galli, 1889.djvu/138

130 Parte terza.

volta, e proponeva a sè stessa il solito dilemma L’amo? Non l’amo?

Egli la amava; si vedeva, si capiva ad ogni suo atto, dal sorriso, dagli improvvisi mutamenti del volto. Editta sentiva questo amore penetrarle soavemente a scuoterla, e pure esitava.

Aveva orrore di una vita comune, divisa tra volgari occupazioni ed umili affetti. Ella, cullata dai poetici vaneggiamenti del padre, in un esilio romanzesco, vissuta sempre fuori della sfera reale, come rondinella cresciuta in un nido d’aquile; sdegnava fabbricarsi un altro nido. Avrebbe voluto mutare sè stessa, ma la fiamma divina che opera tali miracoli non la investiva ancora.

Ritornarono tutti insieme tranquilli guardando la bella campagna e ascoltando le canzoni dei vendemmiatori che si allontanavano.

Giunti a casa del signor Bruno, l’ammalata sorretta dal padre e da Amarilli andò subito a coricarsi su quel letto che non doveva abbandonare più viva. Editta rimasta a chiudere la porta, aspettava che il signor Giovanni la salutasse.

Ritti, l’uno di fronte all’altra, tenevano gli occhi bassi, compresi da un turbamento che sembrava precedere una grande rivelazione. Ora, quella rivelazione era la cosa che Editta temeva sopra tutte.