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108 | Parte seconda. |
un monte di roba, di fiori e d’animali, d’armi e di macchine, e le dicevano: Qui è l’allevamento dei conigli, là il pollaio modello, su la camera per i piccioni, giù la serra, in fondo gli alveari, da una parte la conserva dei frutti, dall’altra l’officina per gli esperimenti — ella non capiva nulla.
Vagolava come una sonnambula guardando più in là, in un mondo immaginario, fiutando l’odore degli oleandri, urtando le gabbie degli uccelli e non sapendo positivamente quel che si facesse.
Davanti a un uscio chiuso udì Checco che esclamava con rammarico:
— Questa è la camera del signor Giovanni; vi sono tante belle cose, ma la chiave l’ha sempre con lui.
Che pensava? Non lo sapeva ella stessa.
Come trasognata lasciò cadere il mazzo di panporcini e passò oltre, muta, estatica, mentre le ronzava all’orecchio una frase che Margii ripeteva ad ogni momento: — È un grand’uomo quel signor Giovanni!
Il ritorno non ebbe minori attrattive per Editta. Ad ogni albero diceva: Egli è passato di qui. Ad ogni sentiero: Egli lo ha attraversato. E dove