Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Sulle rive della Sonna. | 95 |
che non potevano più contenere le lagrime, si fissavano ostinati sulla frangia della coperta.
— Fischia ancora, papà.
L’infelice fece udire un fischio disarmonico e stonato.
Rachele si pose a canzonarlo; volle ridere, ma uno sbocco di sangue la interruppe a mezzo.
Bruno si lanciò verso sua figlia, che continuava a ripetere: Non è nulla; e intanto sveniva.
Dalla finestra salivano le voci balde e giulive di un drappello di coscritti; i loro passi destavano l’eco della via, e l’onda sonora che si lasciavano addietro portava in alto tutti i fremiti della vita impaziente. Quanti cuori di madre, di sorella, d’amante seguivano invisibili i giovani soldati! quanti fiori, quanti raggi splendidi, quante promesse la speranza seminava davanti a loro! Quanto dispregio della morte! e che sicurezza nei proprii incantevoli vent’anni.
Bruno fu infastidito da quelle voci. Chiuse le imposte e tornò a sedere presso il letto della figlia, muto, immobile.
Rachele era assopita. Nel suo immenso egoismo il padre avrebbe voluto che tutto il mondo dormisse.