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quella gingillona, stava sulla soglia del suo negozio occhieggiando.

Tutto era abituale, tutto era conosciuto; solo Teresa aveva cambiato; gli oggetti erano quelli ma i suoi occhi li vedevano diversamente.

La signora Soave avvertì subito il cambiamento della figlia.

— Come ti sei fatta donna — le disse.

E poi seguirono le lunghe ciarle. La piccina l'aveva disturbata assai; non dormiva mai di notte. Le gemelle, capricciose, non le lasciavano pace, stracciavano tutto; gli abiti di rigato rosso e nero mostravano già i gomiti, — vi erano pezze da rattopparli?

Teresina assicurò che v'erano.

Carlino, tanto, era buono. Purché gli si lasciasse gettare sottosopra la sua camera, piantare trappole per i sorci, rizzare rami coperti di vischio, rompere qualche sedia e andare a spasso, tratto tratto, co’ suoi compagni, si poteva fare la vita.

Teresina ascoltava docilmente, e la signora Soave continuò per un pezzo, poiché i ragazzi erano a scuola, Ida a letto, ed ella aveva un momento di riposo; seduta sul divanino, collo sgabello sotto i piedi, lo sciallino grigio incrociato sul petto, le sue piccole mani gialle l’una nell’altra, ornate sempre coi braccialetti di crine.

— E tu ti sei divertita?

— Sì, mamma.