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vecchi: l’uno, decrepito, attaccato rabbiosamente alla vita; l’altra, serena, nel suo indifferentismo; bella, nella calma marmorea delle forme che nessun soffio di passione aveva alterate mai. Lo zio le faceva un po’ di soggezione, e, segretamente, le ispirava un certo disgusto; ma non poteva saziarsi dal rimirare la zia Rosa, seduta coll’imponenza di una romana antica, agitando i ferri, moderatamente, colle mani pienotte, alzando tratto tratto lo sguardo cristallino di una limpidezza d’acqua.
Scrisse alla mamma «la zia Rosa è tanto buona quanto bella.»
Ma chi era il giovinetto lungo e magro, coi calzoni color cannella, che passava alla mattina sotto la finestra, proprio nel momento ch’ella chiudeva le gelosie?
Un giorno, a tavola, la zia scodellando i tagliarini, disse:
— Non so cos’abbia Cecchino, che lo vedo passare di qui cinque o sei volte al giorno, Cecchino del Mastro di Posta.
In tal modo conobbe il nome e seppe che era figlio dell’impiegato postale. Osservandolo meglio, seppe anche che non era un brutto ragazzo, un po’ patito, con certi occhi grandi a fior di testa, che sembravano voler pigliare le persone come in una tanaglia. Era un divertimento vederlo passare tutte le mat-