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seno della fanciulla, e poi cadde sfinito nel seggiolone col capo ciondolante sovra una spalla.

La fanciulla si spaventò; lasciò cadere tutti i fiori sul davanzale e corse in cerca della zia.

— Un po’ di sfinitezza, niente altro — disse la zia sollevando con braccio esperto la testa del marito.

Un brodo caldo lo rimise del tutto e quando al brodo fu aggiunto un bicchiere di Malaga, gli occhi del vecchio presero a scintillare, a sprazzi, finché restarono immobili, cupidamente attratti dalle rose sparse intorno a lui.

Mezz’ora dopo dormiva.

— Gli uomini — disse placidamente la zia Rosa, infilando le maglie di un pedule — sono molto più deboli di noi.

— Sì? — fece Teresina, incredula.

— Sì.

La zia non aggiunse altro. Quella sillaba racchiudeva un’esperienza lunga, multiforme, sicura. In quella asserzione che sintetizzava la debolezza del sesso forte, c’era tutto quanto il frutto della sua vita trascorsa osservando; osservando calma, dietro il banco del negozio, accanto ai lettini dei suoi sedici figli, nelle ore lente e pazienti della solitudine femminile.

Teresina non poteva comprendere e non comprese; ma rimase sotto l’impressione di un pensiero grave, indeterminato, guardando quei due