Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 77 — |
doveva essere un po’ stanca per il viaggio del giorno prima.
— Lei però, zia, è già levata...
— Oh! è una cosa differente. Io ho perduto l’abitudine di dormire quando allattavo i bambini, e poi ne avevo sempre qualcuno ammalato; adesso ho il vecchio. Io non dormo più.
Disse: io non dormo più: tranquillamente, con un fondo di torpore perenne, come se la sua vita, tanto di giorno come di notte, non rispondesse che al meccanismo semplice delle funzioni materiali.
Teresina non voleva prendere il caffè, non c’era avvezza. In casa sua solamente la mamma prendeva il caffè.
— Non importa, qui sei forestiera — soggiunse la zia Rosa col suo sorriso buono che incoraggiava.
E quando Teresina lo ebbe preso, per ubbidienza, si sentì i nervi dolcemente sferzati, un benessere in tutto il corpo, un’energia singolare, una strana lucidità di mente. La zia era uscita. Ella riprese la tazzetta che aveva posata sul tavolino con un resto di caffè e la sgocciolò allegramente, succhiandosi le labbra. Poi balzò dal letto come una molla.
Nessuno le faceva premura; la mamma non chiamava «Teresina! Teresina!» con quella vocetta spenta ch’ella conosceva così bene: non le gemelle da pettinare, non da ammannire le colazioni, non le fascie d’Ida da rotolare per benino, non la