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porta del pretore, se non ci fosse nessuno a vederla: le dispiacque che le finestre delle Portalupi fossero tutte chiuse.

Ma poi, attraversando il paese, fu un trionfo. Luzzi, che stava sul caffè fumando uno sigaro, la scappellò così profondamente ch’ella si sentì diventare tutta rossa; don Giovanni Boccabadati che gli era accanto, indolente e distratto con gli occhi per aria, la guardò anche lui, chiudendo un poco le palpebre. Il farmacista si fece sulla soglia della sua bottega, allungando il collo. Presso la chiesa due signore, la moglie del sindaco e la sorella del dottor Tavecchia le sorrisero benevolmente.

Sommato tutto, Teresina aveva piegato tante volte la testa e si era tenuta così ritta, sostenuta sulla vita, che al momento di imboccare la strada maestra, fuori dell’abitato, ella si lasciò andare, riposandosi, sui cuscini di pelle, con un gran sospiro di felicità.

Avvezza ad una continua occupazione, gustava quei momenti d’ozio; le sembrava di essere una gran signora, si guardava attorno con compiacenza, osservando gli alberi e la strada e il cielo, come se li vedesse per la prima volta.

Non era affatto fantastica; ma quel sentirsi trasportare in mezzo a nuvoloni di polvere, per uno stradone lungo lungo, la esaltava leggermente; pensava che tutta quella polvere era sollevata per lei, che il cavallo correva per lei e per lei cigo-