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pendeva un’altra bambina ancora, e si faceva vieppiù triste.
Difficilmente il signor Caccia entrava nel gineceo, e se per caso appariva, sembrava sospendersi subito quella dolce intimità di madre e figlia. Entrambe lo guardavano, attente, paurose di vederlo di cattivo umore, pronte ad obbedirlo ne’ suoi minimi cenni.
Partito lui, la madre riprendeva la sua calma melanconica, contemplativa, e Teresina, nella felice serenità dei quindici anni, trovandosi sollevata da un incubo, sorrideva.
Carlino faceva delle irruzioni tempestose, spaventando sua madre, mettendo a prova la pazienza della sorella, gettando a soqquadro i gomitoli, baccanone irriflessivo, toccando tutto colle sue mani sudicie di monello e di scolaro imbrattacarte.
La pace finiva del tutto col ritorno delle gemelle dalla scuola. Allora erano liti sicure. La signora Soave vi perdeva gli ultimi avanzi d’energia, sollevando al cielo gli occhi neri, opachi, incrociandosi sul seno lo sciallino di lana bigia, con un movimento scorato.
Durava la ribellione fino all’ora del desinare; fino a che il signor Caccia, sedendo a mensa, girava intorno quegli sguardi feroci che incutevano terrore a tutta la famiglia.
Dopo, alla sera, quando l’esattore andava al