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Terza ed ultima lacuna; la quale abbracciava una quindicina d’anni e che aveva condotta la strana donna — rimasta sola al mondo — a chiudersi in quella casa da cui non usciva mai, e dove il paese le usava la carità di non occuparsene, lasciandola in pace colla sua pazzia inoffensiva.
Ma tutta quella storia, arruffata e inverosimile, si presentava ostinatamente al cervello di Teresina, intanto che il procaccio aspettava; e quando finalmente si apersero le persiane della solita finestra a pian terreno, e che la testa stralunata della Calliope apparve tra le sbarre, la fanciulla la guardò intensamente, con una pietà nuova.
Non ebbe agio di osservarla molto, perchè, presa sgarbatamente la lettera, la mattoide rinchiuse subito le gelosie scagliando due o tre grosse invettive contro il procaccio.
Teresina rimase cogli occhi fissi come magnetizzata, sulla finestra chiusa della Calliope; lasciandosi cullare in quel fenomeno comune della mente, per cui sembra di sognare, desti.
Giù, sotto i raggi del sole che si mostrava lentamente, la via usciva dalla nebbia grigia del mattino, per entrare in un bagno di luce. Qualche porta si era dischiusa. La vecchia Tisbe, fedele alle abitudini mattiniere della sua antica carica, aveva distese sul davanzale della finestra le coperte del letto; e tratto tratto appariva nel vano, grattandosi la cuffia, gettando di sbieco occhiate so-