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destra ed a manca, sotto la linea irregolare dei tetti, nella striscia di cielo pallido che appariva in alto.
Sulle braccia, coperte appena da un abitino di percallo, Teresina si sentiva scorrere un brividuccio punzecchiante, non molesto, simpatico quasi; e i suoi capelli giovanilmente scomposti le danzavano sulla fronte e sul collo, producendole un solletico gradito, come di carezza. Se la brezza cessava, ella scuoteva il capo per sentire ancora quelle lievi ondate attraverso il collo, e ne prolungava l’impressione con una ingenuità infantile, collo sguardo sempre errante nella lunga via, osservando con interesse l’acciottolato fitto e la rada erbetta e i due marciapiedi rossicci, fatti di mattonelle posate in costa, avvallate in molti punti.
In fondo, dalla piazza, spuntò il portalettere trascinando di mala voglia gli scarponi a punta quadrata, colla borsetta di pelle nera sul fianco, la faccia burbera. Sparve un momento. Teresina pensò subito che fosse entrato in farmacia. Riapparve, facendo la strada a biscia, da destra a sinistra e da sinistra a destra, lasciando La Mode nouvelle, alle signorine Portalupi e il Corriere di Cremona, al loro babbo; tre lettere a don Giovanni Boccabadati. Passò davanti alla sua casa senza fermarsi; posò una grossa lettera gialla e alcuni stampati alla porta del pretore; poi riattraversò la strada, e andò a sollevare il battente irrugginito della casa della Calliope.