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Era la volontà brutale di un uomo libero, che non ha bisogno di nessuno.

Il signor Caccia ne fu scosso in modo da far pietà.

Il medico, accorso per un peggioramento nello stato dell’infermo, disse subito che non si sarebbe riavuto da quel colpo.

Infatti continuò a peggiorare, e sul principio d’autunno, avendo già perdute le facoltà della parola e della memoria, attaccato da paralisi al cuore morì.

Tutti in paese credettero che Teresina andrebbe a stare colle sorelle; ma Teresina non si mosse.

Assistí il padre fino all’ultimo sospiro, lo collocò nella bara, lo vegliò morto. Nel momento che lo portavano via, pianse. Poi riprese le abitudini tranquille, vagolando, come un’ombra nella casa deserta.

Invano qualcuno, il dottore, la pretora, le vicine Ridolfi tentarono di farla uscire, di procurarle delle distrazioni. Ella rifiutò tutte le proposte, così calma, così fredda, che finirono col giudicarla insensibile.

“Poveretta!” pensava la pretora “ha sofferto tanto che il cuore le si è indurito, non sente piú nulla”.

Pure, come risorsa estrema, valendosi dell’antica amicizia, la tentò un giorno dal lato dell’amor proprio, e le disse:

— Ho paura che rassomigli davvero alla Calliope; non esci mai, tieni la casa sbarrata... mettiti un po’ a farmi gli sberleffi, vediamo se riesci.