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c’era forse un rimprovero; in quello del padre un rimorso — e piú che un rimorso, per quel carattere superbo, l’umiliazione di dovere a lei un prolungamento d’esistenza.
La osservava, qualche volta, con un’ira sorda, qualche altra con un improvviso impeto di tenerezza.
Teresa era calma. Non esagerava le dimostrazioni d’affetto; era attenta, docile. Compieva i suoi obblighi senza entusiasmo e senza fiacchezza, seria.
Ma tutta la sua gioventù sfiorita sembrava rimasta nella casa, intorno a lei, in quelle pareti che l’avevano vista fanciulla, dove era caduto ogni giorno, ogni ora, come da una clepsidra, un raggio della sua bellezza; dove ella aveva assistito al succedersi degli anni, alle lente evoluzioni della famiglia e di se stessa.
Guardava il suo passato nello stesso modo che avrebbe guardata un’altra persona, evocando la Teresina di quindici anni, così lieta, il giorno in cui era partita per Marcaria, su quello stradone lungo, tutto soleggiato, che non finiva mai, dove il sediolo di Orlandi correva in mezzo a un nuvolo di polvere. Ripensandoci, le pareva una profezia; egli le era passato accanto, fuggendo.
Ah! come avrebbe voluto ricominciare la vita ora che la conosceva meglio.
Quando era assalita da questo rammarico, si struggeva, con una melanconia acuta, con un livore