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nel vano della finestra, collo sguardo fisso ostinatamente nel buio.
A un tratto si accostò a suo fratello, passandogli un braccio intorno al collo, chinandosi lievemente, fino ad accarezzare colla guancia i capelli di lui corti ed ispidi come le setole di una spazzola.
Egli non avvertì la carezza. Tutto sporto fuori colle braccia, guardando in direzione della piazza, diceva:
— Se venisse giù di lì! giù! giù! uh! che fracasso...
Non lo sgomento del pericolo lo agitava, bensì l’emozione di quel divertimento nuovo. Tutto il fiume giù in paese! uh!... E rideva, pensando ancora alla vecchia Tisbe, col cagnolino sotto il braccio e le posate nel grembiale.
— Che grossa disgrazia! — mormorò Teresina, rabbrividendo, stringendosi contro al ragazzo con un bisogno irresistibile di tenerezza.
— Auf! — fece egli, dando una crollata di spalle — mi soffochi.
E si sciolse dall’amplesso, sbuffando.
La fanciulla, mortificata, si ritirò in fondo alla camera, dove c’era il suo letto. Sedette sulla seggiolina, accanto al capezzale, e lasciò cadere la testa fra i cuscini.
Lì presso c’era il letto delle gemelle; coricate l’una da capo e l’altra da piedi, vestite, con un