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convulso; trovando in se stessa, nella tardiva rivelazione dei propri sensi, l’enigma della vita, che le era sempre apparso a tratti, mascherato, svisato, tenuto nascosto come un’onta.
In quei giorni, per una combinazione, avendo suo padre acquistata, senza guardarla, una partita di libri vecchi, ella pose le mani sopra un libriccino gualcito. Il titolo l’invitò a leggere le prime pagine, e poi continuò meravigliata, ansiosa; passando dalla sorpresa alla indignazione, fino a un feroce diletto, fino alla nausea la piú ributtante.
Restò immobile, col sangue che le formicolava nelle vene, con una fiamma sulle gote, il palato arido, le fauci ingrossate, gli occhi vitrei.
Non aveva mai udito né immaginato niente di simile.
Al primo rinvenire, l’indignazione la vinse su ogni altro sentimento; stracciò il libro in mille piccoli frammenti, rendendoli sempre piú piccoli, piú piccoli ancora, ponendoli da ultimo sotto i piedi e gustando, nel calpestarli, una gioia che la purificava. Raccolse poi gli avanzi informi e li gettò nella cassetta delle spazzature; ma si vedevano; la loro bianchezza sudicia risaltava sul fondo nero. Ella non era contenta. Tornò a raccattarli e li volle abbruciare — vivi — ché quei frammenti agitati dalla fiamma, le davano veramente l'impressione di cose vive, di mostri osceni, condannati al rogo.